25/04/08

Opposizione Costituente

La sconfitta de “La Sinistra L’Arcobaleno”, e delle forze politiche della sinistra nel nostro paese, è netta e inequivocabile. La situazione che ci viene consegnata da questa tornata elettorale è inedita: della sinistra è cancellata la rappresentanza parlamentare, è seriamente messo in discussione l’insediamento sociale, ne sono disorientati gli uomini e le donne, gli attivisti e i militanti. Ogni prospettiva politica necessita quindi di una profonda riflessione e assunzione di responsabilità: da un lato è necessario comprendere le ragioni della sconfitta, dall’altro invece è indispensabile indagare i mutamenti profondi del quadro politico e delle forme della politica in questo paese.

Quello che esce dalle urne è infatti un paese profondamente mutato: l’assetto parlamentare non può non essere frutto di un vero e proprio smottamento sociale, di uno slittamento a destra che ha accompagnato le politiche neoliberiste degli ultimi decenni e la conseguente riduzione della politica a tecnica amministrativa e di governo. Il successo della politica della individualizzazione, della paura, del corporativismo, della competizione sociale è strabordante, e sommato alle nostre mancanze, riduce al 3,2% La Sinistra L’Arcobaleno e consegna la sconfitta al Pd di Veltroni. Ciò che ora sentiamo con più forza è la consapevolezza della drammatica insufficienza delle pratiche e dei tentativi che negli ultimi anni abbiamo portato avanti per preservare un nesso fra sociale e politico. Dove questo nesso continua a vivere nell’elaborazione aperta e non identitaria, come ad esempio nell’esperienza sociale di Action e dei municipi romani, rimane aperto lo spiraglio per la ricostruzione del significato della parola ‘sinistra’. Nel frattempo il paese scopre che molti degli operai sindacalizzati del nord hanno votato per la Lega: è lo stesso paese che li ha ignorati quando con la cieca politica economica del governo Prodi ogni redistribuzione è stata negata, ogni possibilità di politiche d’alternativa cancellata a priori. In un deserto di prospettiva così eclatante ciò che travolge la dimensione collettiva e politica del corpo sociale è la chiusura nella dimensione territoriale, la scorciatoia della competizione violenta contro ogni diversità, il giustizialismo, la sfiducia nella politica come motore del cambiamento.
Di questo La Sinistra L’Arcobaleno, e Rifondazione Comunista, hanno pagato lo scotto e probabilmente ne hanno sottovalutato la potenza e la spirale: l’inefficacia della sinistra si tramuta immediatamente nella sua riduzione a pura rappresentazione, nel peggiore dei casi identitaria, che mima e contemporaneamente dimentica l’intrapresa materiale di percorsi di liberazione collettivi. Per questa via anche la sovranità, la forma partito novecentesca, il significato del ‘fare politica’, il rapporto tra esecutivo e parlamento, la grande questione della rappresentanza: tutto è oggi diverso e mutato, frammentato, ridotto a rivolo nel grande fiume di una campagna elettorale che ha segnato un passaggio profondo, storico e di senso.
In questa temperie una parte delle nostre responsabilità va riconosciuta nell’insufficienza del nostro progetto di trasformazione: un’insufficienza teorica e pratica che oggi impone a tutti l’apertura di un grande dibattito nel paese, nei partiti, nelle organizzazioni sociali, nei tanti territori e movimenti che della sinistra alternativa sono e continueranno ad essere l’ossatura. Le responsabilità del gruppo dirigente del partito sono grandi e vanno giustamente riconosciute a tutto campo nella loro dimensione collettiva: nei ruoli di direzione nel partito, in quelli nel governo e nel parlamento. Il congresso di Rifondazione Comunista, che giustamente è stato immediatamente convocato, deve essere uno dei tanti luoghi dove questo dibattito potrà vivere, anche alimentandosi di ciò che intorno e fuori di noi continua a proporci punti di vista, sperimentazioni ed esperienze significative. Il profondo rinnovamento dei gruppi dirigenti, la loro composizione su processi decisionali chiari, democratici e partecipati è un patrimonio da cui ripartire, importante per l’intera sinistra italiana.
Eppure nel rivedere tutti i passi che fin qui abbiamo compiuto, gli errori e le scelte invece giuste, ciò che non vogliamo perdere è il bagaglio di cultura politica che abbiamo costruito da Genova 2001 fino allo scorso congresso di Venezia. La cessione di sovranità, la critica del potere, la contaminazione con i movimenti, la sperimentazione di pratiche orizzontali, il ‘fare società’, tutto ciò che ha sempre permesso ai Giovani Comunisti, e anche alla stessa Rifondazione, di non rinchiudersi in nessun recinto ideologico, di non pensarsi anacronisticamente come luogo della sola sintesi possibile, e di essere quindi una soggettività aperta e innervata di politica vissuta. Ripartire dai Giovani Comunisti è quindi per noi fondamentale per delineare il profilo della sinistra che verrà. Profilo che è sicuramente mancato a ‘La Sinistra L’Arcobaleno’, fin dalle modalità della sua costruzione: ogni ipotesi federativa e di partito unico, che quindi ha come presupposto la confluenza di diversi partiti, è per noi superata dallo stato dei fatti, dall’indisponibilità delle altre forze politiche organizzate, come il Pdci e i Verdi, a mettersi in discussione e partecipare ad un percorso innovativo di riforma delle politica. Oggi quello che è in gioco è però non solo la rappresentanza politica della sinistra ma la sua ragione d’essere, il suo significato profondo, iscritto nella possibilità reale di cambiare il mondo. E’ a partire da qui che guardiamo alla rimessa in campo della nostra soggettività politica: la sinistra italiana deve rinascere e disegnare il suo profilo nella costruzione dell’opposizione alle politiche di una destra sempre più regressiva, autoritaria e populista. L’opposizione deve essere in questo senso costituente: costituente dello spazio pubblico d’alterativa, unico luogo in cui può nascere una sinistra in Italia.
Abbiamo l’ambizione di costruire un soggetto della sinistra che non si fondi semplicemente sull’accordo tra gruppi dirigenti e strutture organizzate, ma che si fondi invece sulla libera partecipazione dei singoli e delle singole ad un processo costituente, che abbia la sua centralità nel territorio e nell’analisi e nella conoscenza delle profonde trasformazioni che lo hanno attraversato.
Avviamo quindi una ricerca da far vivere in spazi pubblici di discussione e di iniziativa politica, fuori e dentro l’organizzazione, nelle decine di “network giovani” territoriali, nelle tante case della sinistra che abbiamo autogestito in questa campagna elettorale.
Una ricerca che non può essere separata dall’attualità politica e sociale di questo paese governato saldamente dalle destre, forti come non mai di un consenso popolare cresciuto anche sulle ceneri della sinistra, della sua inadeguatezza a rispondere alla quotidiana paura e precarietà delle esistenze.
Non vogliamo perdere un minuto di più per costruire un’opposizione sociale costituente della nuova sinistra. Opposizione che indica senza tentennamenti la strada del conflitto e quella della contaminazione, quella dell’innovazione delle forme organizzate della politica e quella del radicamento sociale.


Giovani Comuniste/i - Esecutivo Nazionale