13/01/09

Gaza, una vittima figlia di due vittime e sorella di tre...

Domenica 11 gennaio 2009
Reportage di Ali Rashid


Quindici giorni interminabili sono passati dal inizio dall'aggressione sanguinosa contro Gaza. Con il passare del tempo aumenta il numero delle vittime civili e si colpisce sempre di più nel mucchio.
Una bimba avvolta nel lenzuolo bianco macchiato di sangue in mezzo ad altri corpi, il medico in lacrime indicando il piccolo corpo dice: «una vittima figlia di due vittime, sorella di tre, nipote di due vittime». Jhon Ging, il direttore dell'operazione dell'agenzia UNRUA delle Nazioni Uniti denuncia il bombardamento delle loro scuole trasformate in rifugio per i civili sfollati, malgrado che questi siti siano stati segnalati all'autorità militari israeliane e portino in evidenza la bandiera delle Nazioni Unite. Ging tra i corpi mutilati ha dichiarato con disperazione che in tutta la striscia non esiste neanche uno solo luogo sicuro per riparare i civili. Sigred Kag, direttore regionale del Unicef, ha definito spaventosa la situazione, e sente un strappo nel cuore per la totale insicurezza in cui vivono i bambini palestinesi. Le loro vite sono minacciate ovunque, per loro non c'è nessun luogo sicuro. In molte zone anche alle Ambulanze è stato impedito di evacuare i feriti spesso bersagliati dal fuoco israeliano. Il rappresentante delle Nazioni Unite per i diritti umani Nafy Blay ha chiesto che venga istituita una commissione di inchiesta, autonoma e credibile, per verificare se alcuni comportamenti dell' esercito israeliano, debbano essere considerati come crimini contro la popolazione civili in tempi di guerra. Di fronte a questa situazione drammatica, l'ambasciatore americano alle Nazioni unite ha dichiarato che il suo paese è contrario e nessuno deve illudersi sulla possibilità di una risoluzione del consiglio di sicurezza a favore della richiesta di Sarkozy e della delegazione dei ministri dei paesi Arabi per un immediato cessate il fuoco, mentre in Italia sulle prime pagine del Corriere della Sera si continua a discutere se fa parte della questione etica chiedere il cessate il fuoco. Una discussione che mi ricorda quella di 500 anni fa per stabilire se i popoli indigeni possedessero o meno l'anima.

A partire dal secondo giorno di questa guerra, la percentuale delle vittime civili è aumentata in modo vertiginoso, e negli ultimi giorni la maggiore parte di essi sono donne, uomini e bambini inermi. Le immagini che giungono dalla striscia di Gaza ci parlano di una tragedia immensa di un intero popolo, già stremato da un assedio che dura da mesi. Gli osservatori delle Nazioni Unite e delle organizzazioni internazionali da mesi ci avvertono di una crisi umanitaria di dimensioni gigantesche per effetto di tale assedio. Negli ultimi sei mesi, mentre era in vigore la tregua sono stati segnalati più di cento violazioni da parte israeliana che hanno causato trenta vittime e più di cento feriti. In nome della sicurezza di Israele si chiede al popolo palestinese di morire in silenzio. Col passare dei giorni, aumentano le barbarie che insieme alle vite, alle culture, alle abitazioni e alle memorie, distruggono in entrambi sogni, speranze e umanità e in noi deforma e mortifica la cultura del diritto forgiata dalle tragedie del secolo passato per prevenirne la ripetizione. Dobbiamo indignarci di fronte all'osceno spettacolo che il consiglio di sicurezza offre di sé, e preoccuparci a causa della sua paralisi.

Negli ultimi anni, a causa delle scelte sbagliate ed irresponsabili dell'amministrazione americana, sembra che questa massima istituzione internazionale abbia smarrito completamente il suo naturale compito nel prevenire e fermare le guerre, ma spesso si è adoperato per legittimarle e spesso si è trasformato in complicità.
Sotto i nostri occhi, e nella distrazione dei più, come vuole il suo promotore, si consuma un'altra guerra criminale e stupida, che renderà la situazione in Medio Oriente ancora più difficile. Occorre ancora spiegare ai giornalisti ed alle forze politiche Italiane che le guerre seminano soltanto morte e distruzioni, che la violenza genera solo violenza e l'occupazione genera resistenze, che la guerra rafforza il terrorismo, che i fondamentalismi si alimentano reciprocamente.
Nulla può indurre a giustificare i crimini commessi contro un intero popolo in modo sistematico e perpetuato per lunghi anni. E vi chiedo cosa è rimasto dalla Palestina e dalla sua popolazione dopo 60 anni di massacri, espulsioni di massa, distruzione di villaggi e abitazioni, sradicamento di alberi e devastazioni dei campi. Perché si chiudono gli occhi di fronte a una politica israeliana sistematica per alterare il rapporto demografico, per la colonizzazione della terra, per la cancellazione della memoria e del nome di una nazione e di una terra.
Perché si continua ad usare l'ipocrita pratica di due pesi e due misure? come si fa ad avere fiducia in un ceto politico che mortifica l'etica della propria missione, pronto a perseguitare la vittima e chiudere gli occhi sulla prepotenza e l'arroganza dei più forti in nome del cinismo real-politico o di interessi personale? La politica è in crisi anche perché ha perso la capacità di indignarsi, la cosiddetta sinistra non si sa più cos'è, elabora concetti fumogeni che non dicono nulla ed esprimono soltanto confusione e inconsistenza. Altri specializzati nel perdere con capacità straordinarie le cause giuste che sostengono, hanno deciso da tempo di prendere parte a questa danza macabra. Per garantirsi un minimo di visibilità e protagonismo hanno recato un danno alla Palestina, che finora sembra irreversibile. Dopo la beffa del "cessate il fuoco" di tre ore per ragioni umanitarie, arriva una risoluzione che mette sullo stesso piano vittime e carnefici e condiziona la fine dell'assedio a misure che garantiscono l'aggressore e impongono la resa totale alle vittime. Una legittimazione del principio della forza e la prepotenza. Anche questa volta il piombo fuso si illude di aver vinto la carne viva e mortificato la ragione. Israele continua anche oggi la sua guerra, malgrado l'indignazione del segretario delle Nazioni Unite. Siamo a 810 morti e 3350 feriti fino adesso, molti denunciano l'uso di armi proibite. Di nuovo quelli che hanno la pancia piena credono di avere vinto per sempre, anche governando sulle macerie della storia. Sono accecati dalla loro prepotenza ed arroganza, credono di essere sempre in tempo a mettere le cose a posto ed a fare tacere cose che nel tempo sono divenute irreparabili.

La rabbia, il risentimento che la morte in Gaza sta suscitando su larga scala, e nella regione dove Israele ha deciso di vivere, rappresenta, a prescindere degli esiti del massacro, un errore strategico.

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